MILINGIANA
Personaggio feroce ed alquanto pazzoide era
senz’altro Rombolà Vincenzo detto Milingiana.
Si racconta che si fosse sposato ben 5 volte
ammazzando le mogli per i motivi più disparati. Storie che quanto meno
sanno di esagerazione, eppure nel riscontro anagrafico (ottenuto dalla
traduzione dal latino dei libri parrocchiali) troviamo come veramente
abbia avuto 5 mogli e che con tutte ebbe figli. Per la seconda e la
terza troviamo nell’atto di morte la scritta “inopinata morte”,
mentre per la prima Antonia Dotro di Panaia c’è “morte violenta” nel 1817.
Tra le tante storie che riguardano Milingiana
racconteremo quella che ci appare la più adatta per capire il
personaggio. Sposatosi con la Dotro ebbe tre figli.
Nel1817 si
trovava in uno dei vari feudi sul poro, nei pressi di S. Calogero, per
la mietitura del grano; lavoro che portava a trascorrere settimane lontano da
casa. Un gruppo di mietitori, scherzando e ridendo si
prendevano in giro l' uno con l’altro, come era di regola in queste
attività, quando arrivò il turno di Vincenzo (Milingiana). Sapendo della sua
gelosia non trovarono niente di meglio che raccontargli che in Brattirò
giorni prima fossero giunti dei soldati della guarnigione di Monteleone,
e la sera durante una festa nella piazza tutto il paese avesse
partecipato mangiando e ballando con loro. Continuando nel loro
disegno per prendere in giro il Matalena, un lavoratore che conosceva
Brattirò, disse che anche sua moglie aveva partecipato ballando e
cantando fino a notte fonda. Non poteva subire un’onta più grande. Il suo
onore gridava vendetta. A maggior ragione con i militari che odiava profondamente
a causa della morte del fratello avvenuta solo 2 anni prima. Udito ciò
lasciò
immediatamente il lavoro e partì verso casa. Arrivato a Brattirò nei
pressi dove oggi c’è l’ufficio postale, allora aperta campagna,
incontrò la moglie che vedendolo gli andò incontro contenta. Dal canto
suo il Milingiana senza
proferire parola imbracciò il fucile e sparò uccidendola.
Un fatto del genere, anche in tempi violenti,
scuote profondamente la vita di un piccolo paese. La notizia si diffonde
come il vento. Egli schioccato e balbettando parole senza senso, si
caricò sulle spalle il cadavere della povera donna e con quel triste
fardello si recò a Panaia dalla suocera. Consegnatole il corpo
della sventurata disse: "riprenditi tua figlia l 'ho uccisa perché ha
ballato con i gendarmi." La suocera rispose: "No figlio non sei
tu che lai uccisa, ma chi ti ha detto cose non vere."
Allora il dubbio si insinua nella mente di Vincenzo.
Appena rientra a casa il dubbio diventa realtà in quanto i suoi
familiari lo rimbrottano aspramente. Gli fanno chiaramente capire che
non una sola parola di ciò che gli avevano riferito corrispondeva alla realtà
e che anzi sua moglie era stata un esempio di virtù.
Milingiana capì quanto grande fosse stato il suo
errore. La vendetta fu il suo unico pensiero, non volle nemmeno aiuto
dai suoi; " io ho sbagliato ed io rimedierò" pensò fra sé e sè.
C’era in paese un povero uomo con il soprannome
di “pistola”. Egli per sbarcare il lunario faceva lavoretti vari, ma
soprattutto compiva viaggi di piccola merce con il “ruvaci” non
possedendo altro.
Milingiana lo chiamò mettendosi d’accordo sul
prezzo per un viaggio da S. Calogero e lo pagò anticipatamente con
soddisfazione del “pistola”.
Di buon mattino partirono verso S. Calogero.
Raggiunto il luogo dove era stato preso in giro, chiese al Pistola di
aspettarlo all’ombra di un albero. Lui sarebbe tornato con la merce da
portare a Brattirò.
Raggiunto il posto dove lavoravano i suoi ex
compagni, che gli avevano fatto commettere l’atroce omicidio, li
affrontò chi di schioppo chi di coltello. Sotto i suoi colpi caddero 5
uomini rei solo d’averlo preso in giro. Ai malcapitati tagliò le
teste, li mise in un sacco e li portò a Pistola che a sua volta le mise nel
“ruvaci”. Gli disse: "vai non ti fermare porta questo sacco davanti
alla porta della chiesa e lascialo li, io arriverò più tardi ancora
ho da fare."(sembra che uno della combriccola era assente ed egli voleva
assolutamente trovarlo).
Camminando alacremente sotto il pesante fardello,
contento d’essersi guadagnato la giornata, non si azzardò ad aprire
il sacco ne si chiese cosa stesse trasportando conoscendo
l’irascibilità del proprietario. Arrivò nei pressi di Brattirò in
località detta “cerza” a sera inoltrata. Forse per la stanchezza forse per il buio cadde
a terra spargendo il carico tutt’intorno.
Amareggiato ed impaurito dalla reazione che poteva
avere il Milingiana nei suoi confronti, cercava a tentoni, nella notte
buia, la merce sparsa per terra. Quando il misero si accorse di avere
nelle mani delle teste umane ancora calde e sanguinanti venne colto da
delirio e febbre altissima.
Il giorno dopo morì senza riprendere conoscenza.
Non è dato sapere cosa sia successo delle teste. Resta il fatto che da
allora quel posto viene chiamato “i testi i pistola”.
Questo ed altri episodi riportati dalla storia
“parlata” e riscontrata per quanto possibile sui documenti che
abbiamo di quel periodo, ci fanno capire come fosse difficile e penosa
la vita.
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