FERDINANDO ROMBOLA'
Della famiglia di Alfonso Rombolà
al figlio minore venne dato il nome di Ferdinando, nato nel 1790 e
deceduto per morte
violenta nel 1815.
Ferdinando,
essendo il piccolo di casa, impara dai suoi fratelli e sorelle l’arte di
stare al mondo in quei tempi difficili. I suoi obiettivi varcarono la
soglia del nostro paese.
Egli
si legò al brigante “Capitano Orlando” di Spilinga. Le loro gesta
brigantesche sono riportate dai libri di storia dell’epoca. Sfogliando
quelle pagine ci si accorge quanta violenza e ferocia fossero capaci
di seminare queste bande di briganti.
Ferdinando,
per poter circolare liberamente, si travestiva spesso e volentieri di
prete. Per questo fu soprannominato “Abati Pittia”.
Sul
finire del 1815 quando le truppe francesi si ritiravano, essendo
Napoleone sconfitto, il Ferdinando da quel che si racconta insidiava
la moglie di un tenente francese. Bazzicando presso il campo francese
venne riconosciuto come il luogotenente dell’Orlando. Dallo scontro
che ne seguì Ferdinando restò gravemente ferito. Trasportato in
Brattirò morì di cancrena tra atroci sofferenze.
I
fratelli e specialmente la sorella Rosa detta “Lizza” giurarono
vendetta. Saputo che il tenente con i suoi uomini da Nicotera si
spostava a Monteleone (Vibo Valentia), gli tesero un agguato nei pressi
del “pettu du cinnirazzu” tra Nicotera ed il monte Poro. Uccisero
il tenente con quasi tutti i soldati e pochi furono i sopravvissuti.
Esistono
nei racconti, tramandati nella nostra memoria storica, due versioni dei
fatti che seguirono all’eccidio.
La
prima è che la moglie del tenente in questione venne graziata ed anzi
consolata ed accompagnata per un tratto di strada dai vendicatori.
La
seconda è che la donna benché incinta, venne uccisa e decapitata dalla
“Lizza” sorella di Ferdinando, la quale alzata in aria la testa
della malcapitata disse: “ Nandu moriu e tutti hannu u morinu”.
Di
questi tempi feroci ove atrocità e barbarie erano il pane quotidiano,
questi sono i racconti che la memoria storica popolare ci ha tramandato.
Cosi come li abbiamo ascoltati le trascriviamo.
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