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Periodo Normanno - Angioino

 

La conquista Normanna della nostra regione fu relativamente facile. Roberto e Ruggero D’Altavilla in meno di cinque anni (1056-1060) assoggettarono la Calabria mettendola al centro delle loro conquiste. Mileto divenne la loro capitale conoscendo uno splendore mai avuto.

I Normanni furono sanguinari nelle conquiste ma accorti nell’amministrarle. Essi capirono l’importanza della religione come cemento delle genti, quindi non cercarono di perseguitare la popolazione che praticava il rito Greco-Ortodosso. Con molta destrezza favorirono l’innesto del rito Latino, fondando monasteri e nuove sedi vescovili, elargendo a quest’ultimi fondi e concessioni. Fiorirono così monasteri Benedettini, Certosini, Circestensi, Forensi etc. etc. Mentre pian piano i monasteri di rito Greco decadevano lentamente incominciarono liti e dispute fra monaci di ordini religiosi diversi; favoriti dal potere politico i Latini soppiantarono i greci (anche se questi erano benvoluti dal popolo). I monasteri Latini diventarono come dei feudatari, tanta era la loro potenza in terreni e beni.

Nel nostro territorio che abbiamo visto ricco di monasteri Basiliani vennero inseriti monasteri di rito latino, questi per lo più in Tropea. I monasteri tra Brattirò e Caria proseguirono il loro cammino attraverso stenti sempre maggiori.

La dominazione Normanna e poi soprattutto quella Angioina portarono un progressivo impoverimento della regione vessata da molte tasse e gabelle, asfissiata da feudatari sempre più avidi. Uno sguardo ai documenti che vanno dalla pace di Caltabellotta(1302) alla morte di Roberto(1343), ci mostra una regione la cui vita è dominata dalla violenza e dall’arbitrio. Ciò è  dovuto soprattutto all’indebolimento della monarchia e al dilagare degli abusi dei feudatari, causa di tensioni ed anarchia dilagante.

L’area del poro era tutta una foresta con poche aree coltivate intorno ai monasteri o vicino alle cittadine di Tropea, Nicotera e Mesiano. Sicuramente luoghi devastati dalle varie fazioni degli Angioini o Aragonesi che si battagliavano.

In questo clima di sopraffazione, gli abitanti dei nostri luoghi, da uomini liberi cresciuti intorno ai monasteri ed alla città di Aramoni, diventarono ben presto briganti della peggior specie pur di non sottostare ai feudatari e ai signorotti inviati dal re a prendere possesso delle terre.

Risale al 1303 il decreto in cui Carlo II D’Angiò ordinava la fine di tutti i Rombolà. Riportiamo una nota di Diego Corso da “Tradizioni sulla terra di Aramoni in Calabria”: “ex Reg. Caroli II an. 1303. Lit. A. – Capitula mag. Passuum. Edict. Contra latrones, ecc. A quest' epoca si riferisce il decreto di Carlo II il quale ordinava che si distruggessero i Rombolà ( Toti Rumbuli deleantur ecc.) quali assassini e masnadieri per i fatti atroci consumati a danno dei passeggeri e viandanti, che dopo essere stati derubati e feriti venivano crudelmente bruciati nelle gole delle montagne.Un solo bambino di tre anni scampò alla strage, che allevato in un villaggio lontano, in prosieguo fu il progenitore dei diversi rami Rombolà esistenti nella regione”.

La lotta tra assegnatari ( baroni, conti, duchi, marchesi, ecc.) dei terreni e gli abitanti locali abituati alla libertà fu aspra e sanguinosa. A partire dal 1300 i nostri progenitori furono sottomessi ai vari signorotti; cominciava per essi un periodo di povertà e servitù.


 

 

 

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